La notizia l'ha diffusa il mensile di settore "Armi e Tiro" dal suo sito internet, pubblicando un testo che dovrebbe corrispondere a quello approvato dal CDM il 15 giugno (può essere letto qui). L'allarme è ovviamente alto perché sembrerebbe proprio che il governo, una volta abolito il "catalogo nazionale delle armi comuni da sparo" dal Parlamento, abbia fatto proprie le posizioni del ministero dell'interno.
"Black rifles" ed "ex-ordinanza": tutti sportivi? |
La motivazione ufficiale sarebbe la "straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni in materia di sicurezza dei cittadini [...] al fine di introdurre misure indispensabili [...] a garantire livelli incrementali di sicurezza". Necessità tutt'altro che straordinaria ed anzi, secondo noi, assolutamente inesistente. Tra le righe del testo che vedremo nel dettaglio si capirebbe anche che tali cambiamenti siano necessari al fine dell'armonizzazione della nostra legislazione con quella europea, ma si tratterebbe di cosa assolutamente falsa. anzi non è casuale che tale motivazione non sia stata riportata in premessa, dato che correlare esplicitamente il decreto al recepimento di norme europee lo avrebbe automaticamente reso inefficace, ai sensi della recente L. 183/2011, la quale impone di adottare sempre i livelli minimi previsti dalla normativa europea.
Si tratta in sostanza della modifica a due articoli delle leggi in materia, più precisamente all'art. 11 della L. 110/75 ed all'art. 2 della L. 85/1986, ovvero alle procedure di controllo del Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia sulle armi fabbricate o importate ed alla qualifica delle armi sportive. Cerchiamo di dare una prima occhiata al potenzialmente modificato assetto normativo per capire nel dettaglio la portata di tali innovazioni.
Il decreto inserirebbe al termine dell'art. 11 L. 110/75 il seguente periodo: "Ai fini di quanto previsto dal primo periodo del presente comma, il Banco Nazionale di prova verifica, altresì, la qualità di arma comune da sparo, compresa quella destinata all’uso sportivo, ai sensi della vigente normativa, anche in relazione alla dichiarazione del possesso di tale qualità resa dall’interessato, contenente anche la categoria di appartenenza dell’arma, di cui alla normativa comunitaria. Quando sussistano dubbi sull'appartenenza delle armi presentate alla categoria delle armi comuni da sparo o sulla loro destinazione all’uso sportivo, il medesimo Banco Nazionale può chiedere un parere non vincolante alla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, di cui all'articolo 6. Il Banco Nazionale pubblica, in forma telematica, la scheda tecnica che contiene le caratteristiche dell’esemplare d’arma riconosciuto ed il relativo codice identificativo."
In sostanza il Banco di Prova di Gardone dovrà accertare la qualità di arma comune delle armi da sparo che gli verranno presentate per la prova, pubblicando infine una scheda tecnica dell'esemplare ed un non meglio identificato "codice identificativo". Diverse domande sorgono spontanee. Anzitutto: tutte le armi prodotte o importate devono essere presentate al BNP? E poi: a cosa ci si riferisce quando si parla di "scheda tecnica dell'esemplare"? E ancora: in cosa consiste questo "codice identificativo"? Cerchiamo quindi di rispondere con calma.
Per prima cosa parrebbe che l'obbligo non sia per tutte le armi. Rimane difatti in vigore il terzo comma dell'articolo il quale chiarisce senza dubbio che "le armi comuni da sparo prodotte all'estero recanti i punzoni di prova di uno dei banchi riconosciuti per legge in Italia non sono assoggettate alla presentazione al Banco di prova di Gardone Valtrompia quando rechino i contrassegni di cui al primo comma." Appare chiaro quindi come le armi importate da paesi i cui banchi di prova siano riconosciuti non siano soggetti al passaggio per il BNP, cosa oltretutto insita e scontata nel principio di riconoscimento reciproco dei banchi di prova, specie se si parla di paesi europei.
La parola usata, "esemplare", non lascia scampo: ad ogni singolo esemplare bancato corrisponderà una scheda ed un codice identificativo. Cosa invece si intenda per questo "codice identificativo" non è dato sapersi. Certo è che si tratterebbe di un codice proprio di ogni singolo esemplare, ma ogni esemplare ha già un "codice identificativo" che lo contraddistingue: il numero di serie, al secolo matricola. Solo che la matricola viene apposta dal produttore ed è anzi uno dei segni distintivi di cui il BNP deve accertare l'esistenza. Si tratterà, quindi, di una seconda matricola a tutti gli effetti. Sorge quindi una nuova domanda: ma tale codice deve essere impresso sull'arma? La risposta è immediata: no, in quanto rimane inalterato il primo comma dell'articolo, il quale elenca i segni distintivi obbligatori ed in cui non è elencato tale "codice identificativo". Al contrario l'ultimo periodo del primo comma dice espressamente: "L'area dell'arma riservata alla marcatura non puo' recare ulteriori o diversi segni identificativi o distintivi dell'arma stessa",vietando quindi che tale "codice identificativo" venga impresso sull'arma. O almeno sulla zona destinata alla marcatura.
Totalmente inutile la consultazione della Commissione Consultiva Centrale per il Controllo delle Armi, ai fini dell'accertamento della qualità di arma comune, visto che gli unici due parametri sono il funzionamento ed il calibro, se non per particolari armi in grosso calibro quali quelle per la caccia grossa.
Veniamo ora alla modifica alla L. 85/1986, ovvero quella sulle armi sportive. Il decreto sostituirebbe il secondo articolo col seguente: "1. Ai sensi e per gli effetti della presente legge, sono armi sportive le armi comuni da sparo somiglianti ad un’arma da fuoco automatica, ovvero le armi demilitarizzate. 2. Oltre a quanto previsto dal comma 1, può essere riconosciuta, a richiesta del fabbricante o dell’importatore, la qualifica di arma per uso sportivo dal Banco nazionale di prova, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 11, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, sentite le federazioni sportive interessate affiliate al CONI, alle armi sportive, sia lunghe che corte, che, per le loro caratteristiche strutturali e meccaniche, si prestano esclusivamente allo specifico impiego nelle attività sportive."
Il secondo comma si limita a riprendere quello che originariamente era il contenuto dell'articolo sostituito. Il primo comma, invece, stabilisce che tutte le armi che assomiglino ad armi automatiche sono sportive, e così quelle "demilitarizzate".E' vero che dall'abolizione del catalogo in molti si chiedevano come sarebbero state identificate le armi sportive di nuova produzione o importazione, ma qui si va ben oltre le necessità sollevate dall'ultimo cambiamento. Tale formulazione lascia trasparire la stupidità e la cialtroneria di colui (o più desolantemente coloro) che l'ha formulato. Conferire tanta importanza al mero aspetto esteriore di un'arma è sintomo di profonda ignoranza e di profondo pregiudizio nei confronti dell'argomento. Forse che un cinghiale muore diversamente se l'arma che gli spara assomiglia ad un'arma automatica? Quel che dovrebbe contare sono solo le caratteristiche tecnico-balistiche dell'arma, e qui siamo a discutere di aspetto, di somiglianza, di ciò che spesso ha valenza puramente soggettiva... Ed al di là di questo, che logica ha stabilire che le armi somiglianti a quelle automatiche o demilitarizzate sono sportive? E' vero anzi il contrario, la maggior parte delle armi con queste caratteristiche è assolutamente inadeguata alle competizioni. E non per questioni di conservazione, ma proprio per questioni progettuali, dato che i criteri con cui si progetta un'arma per far la guerra sono ben diversi da quelli con cui se ne progetta una che deve fare un solo foro a trecento metri.
"Demilitarizzate", poi. Cosa mai intenderanno? Le armi automatiche rese semiautomatiche con un intervento meccanico, cioè quelle che tecnicamente sono le c.d. demilitarizzate, o le armi una volta in dotazione all'esercito (o ad altro esercito) ed ora concesse ai civili? Anche questo non è dato sapere...
La cosa sconcertante è che, se dovesse passare questo testo, decine di migliaia di cittadini potrebbero ritrovarsi fuori legge da un giorno all'altro. Non è infatti stato considerato l'impatto sulle armi già detenute, molte delle quali diverrebbero sportive in maniera automatica. E probabilmente all'insaputa del detentore, il quale potrebbe trovarsi a superare i limiti alla detenzione di armi sportive di cui all'art. 10 L. 110/75 (che ricordiamo essere stabilito nel numero di sei esemplari). Le infelici espressioni utilizzate non tengono infatti conto che praticamente tutte le armi semiautomatiche hanno un corrispettivo "somigliante" automatico. Tutte le Beretta 98, le Glock, perfino le 1911! Per non parlare di tutte le armi "ex-ordinanza". Eppure nessuna disciplina transitoria è stabilita per consentire almeno l'adeguanto delle denunzie...
Non è vero, anzi, che non è prevista norma transitoria. Recita infatti il secondo articolo del decreto: "Le armi prodotte, assemblate o introdotte nello Stato ed autorizzate dalle competenti autorità di pubblica sicurezza ai sensi della vigente normativa nel periodo compreso dal 1° gennaio 2012 alla data di entrata in vigore del presente decreto sono riconosciute come armi comuni da sparo. Conseguentemente, le medesime autorità trasmettono al Banco nazionale di prova i dati identificativi dell’arma ai fini dell’inserimento nel registro di cui all’articolo 11, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110."
Un abominio del Diritto. La regale concessione di sanatoria per le armi già legalmente fabbricate o importate, come se altrimenti fossero applicabili le norme stabilite successivamente!
Rimane ambiguo il limite alla detenzione di armi sportive in calibro venatorio. Non vi è dubbio infatti che rientrerebbero in entrambe le categorie, ma quale avrebbe la precedenza? Quella delle armi sportive, limitando la possibilità di detenzione a sole sei armi, o quella delle potenzialmente illimitate armi da caccia?
E poi: ma se delle armi fabbricate in Italia o importate da paesi non riconosciuti si dovrebbero pubblicare le schede anzidette, di quelle invece importate da paesi coi banchi riconosciuti e che quindi non transitano per il BNP?
Diversi sono gli interrogativi che si pongono scorrendo la bozza. Impossibile elencarli tutti, più ci si riflette e più se ne pongono. E sicuramente uno dei più eclatanti é: per semplificare la burocrazia abbiamo eliminato un ingestibile catalogo di migliaia di modelli per poi istituire un elenco di milioni di esemplari?
Il governo delle banche mostra ancora una volta le connivenze coi poteri forti da cui insiste senza pudore a volersi dissociare, in questo caso grandi produttori ed importatori d'armi. A scapito, ovviamente, delle imprese minori e dei singoli privati cittadini.
L'influenza del ministero dell'interno anche è ben distinguibile, specie per quanto riguarda la non casuale ridefinizione della nozione di arma sportiva, volta esclusivamente a colpire i detentori di armi simil-militari. Abbastanza inutilmente, aggiungiamo noi, dato che lo scopo principe non sarebbe comunque raggiunto. Ma meglio non parlarne, per mera questione di opportunità.
Paradossale, poi, che il CDM di un governo "tecnico" vari un tale decreto, che è evidente sia stato redatto da inutili funzionari ignoranti la materia sotto ogni profilo. Da un governo "tecnico" ci si sarebbe aspettato qualcosina di più... tecnicamente corretto.
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