giovedì 19 luglio 2012

Due parole sul comunicato ANPAM (e sul BNP)

Come immaginabile, la soppressione dell'art. 1 del DL 79/2012 riporterà la situazione, nel caso in cui il decreto venisse convertito così, a come era fino a giugno. Ovvero molto più snella per produttori ed importatori, nonché per i singoli armigeri che volessero importare armi privatamente, specie se si tratta di armi con un certo valore storico. Eppure, è cosa strana, proprio la principale associazione di produttori non è apparsa molto felice di ciò, tutt'altro. Leggiamo di seguito il testo del comunicato diffuso dall'ANPAM la mattina stessa in cui è stato soppresso l'art. 1 del decreto:

Il Senato della Repubblica ha soppresso tutte le norme che riguardavano il settore delle armi per il mercato civile nel decreto-legge 20 giugno 2012 n. 79, impedendo così che venissero attuate alcune disposizioni problematiche per il settore.
Tuttavia l'Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili (Anpam – Confindustria) esprime viva preoccupazione per la mancata attribuzione al Banco nazionale di prova di Gardone Val Trompia della sua naturale funzione
di riconoscimento delle armi comuni da sparo, poiché ciò mantiene la situazione di incertezza amministrativa che blocca il settore e causa danni e perdite agli operatori interessati. L’Anpam ricorda che secondo il recente studio dell’Università di Urbino il settore armiero sportivo e civile italiano impiega direttamente circa 2200 aziende con un dato complessivo di addetti che sfiora i centomila lavoratori e un valore di quasi 8 miliardi di euro annui.
L'Anpam si augura che la Camera dei deputati in sede di conversione in Legge del suddetto decreto colmi il vuoto normativo nel senso indicato, approvando un testo semplice che attribuisca al Banco le competenze necessarie a garantire il rispetto della legge e della normativa comunitaria, fornendo a imprese, cittadini e amministrazione un quadro normativo certo e stabile.

Pensavamo che quello relativo al "vuoto normativo" fosse un equivoco riservato solo agli incompetenti, eppure a leggere questo comunicato non sembrerebbe proprio che sia così. O forse è proprio così e ci troviamo a dover rivedere i soggetti a cui attribuivamo competenza.
Stupisce il riferimento dell'ANPAM alla presunta "naturale funzione di riconoscimento delle armi comuni da sparo" che sarebbe propria del BNP. Se tale funzione, anche a dire dell'ANPAM, non è mai stata attribuita al BNP come può definirsi naturale? Ma all'ANPAM hanno idea di quali siano le funzioni e le competenze del BNP? Evidentemente no, vediamo quindi di fare chiarezza.

Il RD 20/1910 istituì tra Brescia e Gardone Val Trompia il "Banco di prova per le armi da fuoco portatili" oggi noto ai più come "Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia". Lo stesso decreto specifica che lo scopo del BNP "è quello di elevare il prestigio delle armi fabbricate in Italia, sottoponendole, a richiesta degli interessati, a prove tecniche che si richiedono per accertare le armi da fuoco", dopo di che, "eseguita la prova delle canne e riconosciutane la buona qualità, imprimerà su di esse un marchio speciale, indicante l'anno in cui la prova stessa è stata eseguita". Ovvero il punzone della prova e dell'anno. 

Inizialmente quindi la prova non era obbligatoria, ma eseguita solo se richiesta dagli interessati. Successivamente, col RDL 3152/23, la prova delle armi divenne obbligatoria per tutte le armi fabbricate o importate nel Regno, tranne che per le armi già provate da un banco di prova estero riconosciuto in Italia e per le armi "fabbricate da stabilimenti militari o dall'industria privata per conto dell'Amministrazione Militare". Questo è il motivo per cui  tutt'oggi molte armi ex-ordinanza sono sprovviste dei punzoni del Banco.
Col RD 2121/24 vennero stabilite le modalità della prova per ogni tipologia di arma o di canna, nonché imposto al Banco che il controllo venisse esteso anche ai materiali ed alla fattura delle armi. Venne inoltre stabilito che i fucili le cui canne siano state aumentate di calibro (non sostituite con canne di altro calibro, ma aumentate di calibro le canne originarie) debbano essere sottoposti nuovamente alla prova. Fu stabilito che le armi dovevano essere presentate già fornite di matricola e nome del produttore.
Nel 1925 il nome del banco fu mutato in "Banco Nazionale di Prova per le armi da fuoco portatili".
La L. 186/60 ampliò le mansioni del BNP, rendendo obbligatoria anche la prova delle armi da salve.
Il successivo DPR 1612/64 istituì la prova forzata e la prova superiore e stabilì che i fucili a canna rigata dovevano essere provati con una cartuccia in grado di sviluppare il 30% in più della pressione massima tollerata per il calibro.

Tra il 1974 ed il 1981 al BNP venne affidato anche il controllo delle munizioni commerciali secondo le norme CIP, divenendo ufficialmente il "Banco Nazionale di Prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali", attuale denominazione completa
Infine nel 2010, col DPR 222, il Banco è stato riordinato, divenendo a tutti gli effetti un ente privato di diritto pubblico sotto la sorveglianza del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero della Difesa e del ministero dell'interno. E qui nasce l'equivoco. Difatti l'art. 2, nel ri-specificare i compiti del Banco, recita:

"Il Banco esercita il controllo tecnico della rispondenza delle armi e delle munizioni alle norme e regole tecniche ed alle vigenti disposizioni normative, nonché gli altri compiti ad esso attribuiti dall'ordinamento."

Ora, alla luce di quanto visto, appare evidente che il BNP non ha mai avuto competenza circa l'accertamento della qualità di arma comune da sparo, l'unica ambiguità è l'espressione nel DPR 222/2010: "alle vigenti normative". Ma non deve trarre in inganno. L'accertamento della qualità di arma comune avviene difatti a priori ed è esercitato dal ministero dell'interno, con modalità differenti a seconda che si parli di fabbricazione o di importazione.
Nel caso delle armi prodotte con licenza di fabbricazione, infatti, il fabbricante è obbligato a tenere un registro delle armi e delle parti di arma fabbricate. Tale registro poi deve periodicamente essere vidimato dall'Autorità (ovvero dal ministero). Ovviamente le armi iscritte nel registro dovranno essere tutte comuni e vi dovranno essere indicate le caratteristiche di ogni esemplare (sempre che non vi sia riferimento ad un modello da cui si possano ricavare le caratteristiche) e tali caratteristiche sono ciò che permette al ministero di controllare che un'arma sia comune o meno. Rivoltelle, armi monocolpo, armi semiautomatiche, armi a ripetizione, doppiette e roba simile non possono mai essere da guerra. L'unica scappatoia per un fabbricante di armi è dichiarare nei registri il falso, ad esempio di aver prodotto delle carabine semiautomatiche che invece erano automatiche, ma qui si aprono diversi fronti penali. E soprattutto il BNP se ne accorge quando effettua la prova su una carabina semiautomatica che si scopre spari anche a raffica. Fermo restando che il fabbricante di armi comuni che vuole produrre armi da guerra (che dovranno necessariamente essere immesse su un mercato illegale) non iscriverà di certo tali armi sul suo registro né le presenterà al Banco.
Diversamente il ministero accerta la qualità di arma comune per le armi importate tramite le caratteristiche dichiarate dagli importatori e contenute nelle istanze per le importazioni. E questa è la dimostrazione più chiara. Difatti, nei casi in cui la Legge prevede che le armi importate debbano passare per il BNP, il Banco non può visionare le armi se esse non sono già sul territorio nazionale, dato che Gardone si trova inequivocabilmente in Italia. E le armi non possono essere sul territorio nazionale se l'importatore non le ha già importate, ovvero se prima ancora il ministero non ha già concesso la licenza di importazione per armi comuni da sparo. Quindi un'arma importata che viene presentata al Banco per la prova, quando prescritto, è già stata riconosciuta come comune dal ministero mediante la concessione della licenza di importazione di armi comuni da sparo.
Infine bisogna tenere da conto che per le armi già punzonate da banco estero riconosciuto il passaggio per il BNP non è mai stato previsto e non lo sarebbe stato neanche col DL 79/2012. Questo a dimostrazione che l'accertamento non è mai stato affidato al Banco, altrimenti dovremmo ritenere di avere in giro per l'Italia decine di migliaia di armi che il ministero ha autorizzato ad importare ed a commercializzare e di cui i detentori hanno presentato denuncia all'Autorità e che magari hanno girato per le mani di più proprietari, ma che in realtà non si sa con certezza se siano comuni o da guerra! Ridicolo.

Quali saranno mai, allora, le vigenti normative a cui deve far riferimento il BNP quando controlla le armi presentate per la prova? Semplice, ad esempio che abbiano tutti i segni distintivi prescritti e che siano congruenti tra loro e corrispondenti ai documenti che accompagnano le armi. O che, per armi ad aria compressa liberalizzate, siano sotto il limite dei 7,5J. Oppure che, se armi ad avancarica liberalizzate, abbiano una sola canna (controllo complesso, ci rendiamo conto). E così via.
Appare quindi certo che il BNP non ha mai avuto la competenza per l'accertamento della qualità di arma comune. Qualità che deriva dalla Legge. Così come sarebbe stato un grave errore conferirgli, come un emendamento proponeva, la competenza per l'accertamento della classificazione delle armi da caccia, derivando anche tale classificazione dalla Legge.
Ci rendiamo conto che per una figura (ahi noi!) privata come il BNP l'estensione delle competenze si traduca in un incremento del fatturato. E che l'ANPAM, di cui qualche associato potrebbe essere in affari col Banco e riceverne in cambio qualche trattamento di favore (come previsto dallo stesso DPR 222/2010), ha evidentemente a cuore che il BNP se la passi bene. Ma a questo punto, per esempio, perché non estendere le competenze del BNP anche agli elettrodomestici? O alle autovetture? O alle serrature? Anche questo sarebbe un vantaggio per il BNP e seguirebbe la stessa identica logica.


Quanto all'ultima parte del comunicato ANPAM, c'è poco da dire. L'odg approvato dal Senato è chiarissimo: la Legge c'è, è precisa, e richiede solo di essere applicata.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Il vuoto normativo dipende dall'abrogazione del solo articolo 7 della legge 110/75. Non è vero che la legislazione attuale favorisca gli operatori, poiché essi non riescono a ottenere le licenze. Fino a quando il regime giuridico rimarrà quello attuale le licenze rimarranno bloccate, prima di tutto le licenze di importazione. Una norma semplice che attribuisca al Banco la competenza a verificare la natura di arma comune da sparo dell'esemplare soggetto a prova impedirebbe l'emanazione di altri decreti, magari stavolta omogenei e organici, che potrebbero passare in conversione ad agosto con una manciata di parlamentari. La questione è semplice: fino a quando non avrà risolto il problema della verifica delle armi comuni il ministero manterrà il settore bloccato, come lo è attualmente, proprio per far maturare i presupposti di necessità e urgenza che legittimino un altro decreto.

Anonimo ha detto...

Ma le armi a canna liscia, non sono mai state soggette all'art.7, ed a loro non è mai stato accusato il vuoto normativo.
Poniamoci un attimo ad esempio quello che avveniva per le armi a canna liscia 1 anno fa, il b.n.p. (o i b.n.p. nel caso di provenienza CEE) aveva il solo scopo di verificare la qualità costruttiva dell'arma stessa, in quanto il fatto che fosse comune era dato dal fatto che rientrava nell' art.2 della legge 110.
Era l'articolo 7 che rendeva ULTERIORMENTE NECESSARIA la conferma del banco per le armi a canna rigata. Il fatto che questo articolo sia stato abrogato significa che affichè un arma possa essere definita comune, basta che rientri nei requisiti dell'articolo 2.
Se questa spiegazione non bastasse, come ci si spiega con le armi già in possesso ai cittadini che sono state sottoposte a bancatura non in Italia ma all'estero ? E' chiaro che il fatto che un arma passasse dal b.n.p. fosse una condizione sufficiente ma non necessaria affinchè questa fosse considerata comune.

GiulioM ha detto...

Se le imprese non riescono ad ottenere licenze di importazione è solo perché il ministero opera contro la Legge, certo non perché vi siano vuoti normativi. L'abrogazione dell'art. 7 L. 110/75 ha semplicemente riportato la situazione a come era prima del 1979. Forse si vuol far credere che prima del 1979 non si importassero armi? Ed anche successivamente al 1979 le armi a canna liscia non erano soggette alla catalogazione, eppure venivano importate tranquillamente senza che nessuno si ponesse il problema dell'attribuzione della qualifica di arma comune. E ancora: sempre contemporaneamente all'esistenza del catalogo le armi importate da paesi CIP e già bancate non dovevano passare per il BNP (come tuttora). Ed anche per queste nessuno si è mai sognato di ipotizzare che potessero essere da guerra. Qual'è quindi questo vuoto normativo?

Tutti parlano di questo vuoto normativo, ma nessuno lo espone con un minimo di dettaglio. Come mai? Al contrario non è per nulla difficile spiegare la linearità e la coerenza delle norme come attualmente configurate.

Nessuno deve verificare che le armi siano comuni se non il ministero in fase di concessione della licenza. Se non lo fa è semplicemente una sua inadempienza, non certo la conseguenza della mancanza di norme.

E le imprese non capisco perché si pieghino ai capricci illegali del ministero. Pazientassero il giusto e poi cominciassero prima a avvisare, poi a richiedere danni. Perché è il ministero, non applicando la Legge, che danneggia le imprese. Non il Parlamento perché non legifera come farebbe comodo al ministero ed a pochi altri.

Ma porca miseria, se io presento una denuncia di detenzione con due giorni di ritardo a me i cavoli amari non me li risparmia nessuno. Perché mai se invece la Legge prevede che il ministero ha 90 giorni per il semplice dire "sì" o "no" (che personalmente mi pare un tempo generoso!) quello si deve prendere sei mesi e più senza dare risposte o spiegazioni che abbiano un senso e senza pagare un soldo di danno a chi ne sia danneggiato?

E checché ne dicano il ministero e gli altri interessati la Legge è chiarissima: tutte le armi non automatiche e, se a canna rigata, di calibro inferiore a 12,7mm sono certamente comuni. Su quelle di calibro maggiore c'è da discuterne, ma d'altronde non è che di punto in bianco i fucili calibro .600 o .700 possano essere considerati "da guerra" quando fino a ieri erano comuni e nel frattempo nessuna norma è cambiata. Ad ogni modo il discernimento nella quasi totalità dei casi è istantaneo: c'è l'art. 2 L. 110/75, per esclusione l'art. 1 L. 185/90 e se proprio non bastassero c'è anche la direttiva europea 477/91.

Senza contare che il Senato ha emesso un odg che è preciso: seguire la Legge senza rompere le palle pretendendo nuove leggi ad uso e consumo del ministero, dell'ANPAM, del Banco o di qualunque altro interessato. Applicare la Legge e basta.

Se il ministero continua a fare i capricci, fino ad oggi ha violato solo la Legge (come se avessi detto poco!), da domani violerà la Legge ed un ordine del Senato della Repubblica. Il quale, a differenza del ministero, ha il potere di fare le leggi, se lo ritiene necessario ed opportuno. E questa volta non lo ha ritenuto perché, come visto, ce ne sono in abbondanza e son molto chiare.

Anonimo ha detto...

Come sempre Giulio, ti dimostri estremamente competente e preciso.

Complimenti per il blog.