Al Senato continua la discussione sul DL 70/2012, passata dalla I commissione affari costituzionali all'assemblea. Ieri la prima vera discussione in aula con la presentazione di nuovi emendamenti, la discussione comunque è stata rimandata ad oggi.
Prima di analizzare gli emendamenti proposti, vale la pena commentare alcuni degli interventi in tema che si sono succeduti in aula.
Anzitutto il relatore sen. Vizzini (Gruppo UDC-SVP-AUT) ha illustrato nuovamente il contenuto del decreto, insistendo ancora con la scemenza terroristica del "vuoto normativo determinato dalla soppressione del Catalogo nazionale delle armi". Ottimo argomento per indurre i Senatori a votare la conversione del decreto usando la loro ignoranza in materia per fregarli sui contesti ed i contenuti.
Gli risponde il sen. Saia (Gruppo Coesione Nazionale) dicendosi "contrario alle disposizioni sulla regolamentazione delle armi che reintroducono surrettiziamente una forma di catalogazione penalizzante per le attività sportive e venatorie recentemente abolita perché contrastante con la normativa europea" ed affermando che "il diritto a possedere armi per la sicurezza personale va regolamentato, ma non contrastato ideologicamente".
Gli risponde il sen. Saia (Gruppo Coesione Nazionale) dicendosi "contrario alle disposizioni sulla regolamentazione delle armi che reintroducono surrettiziamente una forma di catalogazione penalizzante per le attività sportive e venatorie recentemente abolita perché contrastante con la normativa europea" ed affermando che "il diritto a possedere armi per la sicurezza personale va regolamentato, ma non contrastato ideologicamente".
Il sen. Divina (Lega) sottolinea: "il decreto-legge appare disomogeneo e non corrispondente al titolo. La disciplina delle armi da fuoco, ad esempio, è estranea al tema dei Vigili del fuoco e si fonda sul presupposto errato che l'uso legale di armi nell'attività venatoria o sportiva possa alimentare pericoli per la
sicurezza pubblica o addirittura rischi di natura terroristica. Il meccanismo di accertamento introdotto, che sostituisce il catalogo nazionale, si basa su criteri confusi e rischia di penalizzare l'industria di armi orientata all'export".
Dopo la presentazione degli emendamenti la seduta viene sospesa. Riprende poco dopo e ricomincia il dibattito.
Riprende il relatore sen. Vizzini, riferendo oralmente quanto emerso durante l'esame della I commissione: "Con l'articolo 1, si provvede a colmare il vuoto normativo determinato dall'abrogazione del Catalogo nazionale delle armi, che ha causato difficoltà interpretative ed applicative da parte degli operatori del settore, nonché il pericolo di un'incontrollata immissione sul mercato di nuove armi. L'abrogazione del Catalogo nazionale delle armi, infatti, ha prodotto un vuoto normativo e un conseguente pericolo di incontrollata immissione sul mercato di nuove armi, per ovviare al quale viene reintrodotto un meccanismo di accertamento della qualità di arma comune da sparo, che soddisfi sia le esigenze di pubblica sicurezza sia le aspettative degli operatori.In Commissione è stato approvato un emendamento, presentato dai senatori Saia e Orsi, che, nel modificare la legge n. 110 del 1975, prevede che, proprio ai fini di quanto previsto dall'articolo 1 del decreto, sia attribuita al Banco nazionale di prova una serie di competenze, tra le quali alcune volte a verificare la qualità di arma comune da sparo, in relazione alle dichiarazioni di possesso."
Non possiamo non far notare come si tratti di niente più che del solito cumulo di falsità da imbonitore di fiera, anzitutto perché come non ci stancheremo mai di ripetere nessun vuoto normativo è stato creato, inoltre perché è assolutamente falso il sostenere che sia esistito il pericolo della perdita di controllo sulle armi importate, dato che ogni arma che entra nel territorio nazionale deve ricevere l'autorizzazione della Questura dell'importatore, la quale valuta sulla base delle caratteristiche tecniche se si tratti di arma comune da sparo o eventualmente da guerra. Se invece il sen. Vizzini voleva riferirsi alle armi importate illegalmente, quelle tanto entravano senza controlli in passato e tanto continueranno ad entrare. Non è caricando di oneri e burocrazia i cittadini onesti che fermeranno i disonesti. Ma loro lo sanno benissimo, semplicemente sono in malafede.
Sproloquio del sen. Pardi (IdV): "L'articolo 1 è l'esempio di come la cosiddetta semplificazione complichi, perché ha dovuto provvedere a colmare il vuoto normativo determinato dalla abrogazione del Catalogo nazionale delle armi, che aveva avuto conseguenze che sono state anche menzionate dal presidente Vizzini, e quindi in realtà adesso lavoriamo in recupero e cerchiamo, con emendamenti, di migliorare la situazione, ma in realtà la semplificazione non ha dato buona prova di sé."
A parte la correttezza logico-grammaticale di quanto sopra, il sen. Pardi non conosce, pur parlandone, una situazione che sarebbe ben chiara. Difatti la semplificazione c'è stata, eccome!, semplicemente le Questure ed i cialtroni ministeriali che le occupano si sono sentiti persi senza il loro strumento di terrore ed hanno smesso di concedere licenze per importare, fatti salvi pochi esempi "ammirevoli". Non si è trattato quindi di carenza di norme, ma di pura inerzia della burocrazia ministeriale, incredula e sperduta di fronte alle semplificazioni.
Il sen. Saia si sbilancia e parla apertamente: "l'articolo 1, come ha detto prima il relatore Vizzini, appare sicuramente estraneo alle vicende, rientrando nella parte relativa alla sicurezza. Quindi, la prima considerazione riguarda la regolamentazione delle armi (tema a cui, peraltro, sono molto interessato).
Credo che essere armati sia un diritto in questo Paese: la difesa della propria persona e dei propri cari è un diritto e la proprietà privata è sacra. Inoltre, gli utilizzi di armi quali attività sportiva e venatoria sono diritti del singolo che debbono sì essere regolamentati, ma non possono essere strumentalmente limitati per cause ideologiche, come invece ho visto in alcuni emendamenti presentati dai colleghi in Commissione.
Quello che trovo stucchevole da parte del Ministero dell'interno su questo articolo è il tentativo, peraltro non tanto nascosto, di far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta principale. Dopo anni di infrazione europea, con l'ultima manovra finanziaria abbiamo dovuto abrogare il Catalogo delle armi. In questo articolo si tenta, però, di reintrodurre lo stesso concetto, inserendo il Banco nazionale delle armi. Il Catalogo delle armi è stato soppresso per ottemperare alle norme dell'Unione europea, ma il decreto‑legge, introducendo questa procedura, di fatto va a confermarlo. In particolare, si mantiene una commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, di cui fanno parte persone che, a detta degli esperti, appaiono anche in conflitto di interessi.
Inoltre, in questa maniera si tenta di consolidare un'altra anomalia tutta italiana, che vede le nostre armi dotate di una doppia punzonatura: non solo quella dell'arma stessa, ma anche quella del suddetto Catalogo, che prevede una sorta di sistema, quasi in esclusiva, di pochissimi soggetti che hanno poi il controllo sostanziale dell'importazione delle armi straniere nel nostro territorio.
Credo che questo non possa andar bene, ma è l'atteggiamento in generale del Ministero dell'interno sulle armi a non funzionare. Voglio ricordare che c'è un disegno di legge - mi riferisco a quello sulla sicurezza urbana - che è bloccato da otto mesi su un articolo riguardante l'armamento degli agenti di polizia locale. Anche in questo caso, il Ministero vuole limitare gli agenti dello Stato, anche se a livello locale, nell'armamento, sia nel territorio sia temporalmente. Questi tipi di atteggiamenti hanno dell'incredibile, perché poi ritroviamo uno Stato debole con i forti e forte con i deboli, o comunque con coloro che rispettano la legge. Si continua, quindi, ad avere quasi un'acredine verso il mondo legale delle armi, nel mentre le armi girano in maniera illegale nel Paese e non c'è grande preoccupazione da parte del Ministero in questo senso; oppure, ci sono leggi talmente vecchie che portano palesemente a degli svarioni.[...] Con altri colleghi della 1ª Commissione abbiamo presentato una serie di emendamenti, ma ne è passato uno solo, peraltro limitativo, a firma del sottoscritto. Io ritengo che debbano essere presentati altri emendamenti, proprio per dare chiarezza, per arrivare a un controllo nell'ambito delle armi, ma senza forzature che ci porterebbero sicuramente ad incorrere di nuovo in una procedura di infrazione da parte della Commissione europea."
Che dire? Alcune imprecisioni dal punto di vista delle norme, ma contenuto impeccabile, sincero e veritiero. Sull'emendamento approvato, però, meglio stendere un velo pietoso...
Lo sostiene il sen. Divina: "innanzitutto diventa difficile parlare dell'argomento in quanto, se leggiamo il titolo, abbiamo una percezione, ma se entriamo nei contenuti possiamo dire che c'è di tutto fuorché omogeneità in questo provvedimento. La parte più pesante, forse, addirittura non tocca neanche i vigili del fuoco, e quando li tocca pone tante questioni da ridisciplinare che abbiamo dovuto presentare un'infinità di emendamenti per rendere abbastanza compiuta la normativa di riferimento.L'articolo 1 reca disposizioni in materia di armi. Vorrei sapere, però, cosa c'entrano le armi con le problematiche relative alla sicurezza e ai vigili del fuoco. Le armi hanno una disciplina propria, che però ora viene fortemente intaccata e - a nostro avviso - anche compromessa, perché si introducono concetti deformanti. Probabilmente da domani il mondo della venatoria e delle Federazioni sportive di tiro, che in parte sono già in subbuglio, assumeranno una posizione forte contro il Governo.
L'intervento normativo viene giustificato con il fatto che si sarebbero verificati episodi delinquenziali caratterizzati dall'uso delle armi. Pertanto, si deduce che vi è un possibile pericolo di ripresa dell'attività terroristica. Vorrei sapere cosa c'entra l'attività terroristica con le armi da caccia e sportive. Sappiamo che i terroristi non hanno bisogno di catalogare le armi, non hanno bisogno di acquistarle legalmente e di immatricolarle. Parliamo di persone che detengono armi legalmente. Quanto previsto in questo provvedimento, quindi, non serve assolutamente a contrastare il terrorismo, anzi è una devianza, che ci porterebbe fuori strada.
Siamo convinti che la ministro Cancellieri non abbia avuto il tempo materiale per capire ed approfondire la questione, e così - ahimè! - si è fatto passare ciò che interessa più la burocrazia che il sistema normativo.
Noi eravamo riusciti a cancellare il Catalogo nazionale, che sarebbe stato un doppione ed un appesantimento per l'importazione e soprattutto per la nostra importante industria di armi (che è legale): infatti, ogni piccola variazione sarebbe stata sottoposta ad un'infinità di verifiche, cosa che avrebbe creato problemi nel caso di grandi appalti esteri. Ad esempio, la Beretta è il fornitore della FBI e delle Forze armate americane e quindi ha commesse importantissime: se la Beretta avesse dovuto modificare il mirino di una pistola, senza cambiare null'altro, avrebbe dovuto sottoporre quella modifica ad una fila di verifiche, controverifiche, nullaosta e lungaggini che sarebbero durate anni; è ovvio che in tal modo avrebbe perso appalti e forniture.
Dunque, siamo riusciti ad aiutare le nostre grandi industrie di armi (so che la parola «armi» fa paura), che sono per lo più del Nord, ma ecco che la burocrazia romana stabilisce che non va bene e che occorre reintrodurre un meccanismo di accertamento della qualità dell'arma. Esiste già un banco di prova che provvede all'immatricolazione dell'arma e che verifica le qualità dell'arma stessa. Chiedo, pertanto, a cosa serva reintrodurre la commissione consultiva centrale per il controllo delle armi che, a questo punto, in base alla legge, non saprà più esattamente cosa verificare.
Se questa sciagurata norma dovesse essere approvata, avremmo trasformato in legge il concetto della somiglianza: qualora si verificassero condizioni in cui un'arma è somigliante ad un'arma da fuoco automatica, essa dovrebbe essere sottoposta a tutte le verifiche; pur trattandosi di armi detenute legalmente da cittadini onesti, essendo somiglianti a quelle di tipo automatico, dovrebbero essere catalogate come armi sportive e quindi la loro detenzione ed il munizionamento dovrebbero essere ridotti, e - ad esempio - non potrebbero più essere impiegate per la caccia.
Ricordiamo che, innanzitutto, si introdurrebbe il concetto di arma sportiva che, per la sua caratteristica strutturale è esclusivamente utilizzata per l'impiego sportivo; in secondo luogo, le armi somiglianti ad un'arma da fuoco automatica ovvero armi demilitarizzate diverrebbero armi sportive di serie B; infine, vi sarebbero le armi per uso venatorio.
Nel primo caso si possono allora detenere solo tre fucili; nel secondo, se ne potrebbero detenere sei; nel caso delle armi esclusivamente da caccia non esistono invece limitazioni. Ma se queste armi, catalogate come sportive e oggi già utilizzate per la caccia, dovessero essere somiglianti ad armi da fuoco automatico non le si potrebbero più usare per cacciare e nel caso del munizionamento la limitazione scatterebbe a 200 munizioni. Anche in questo caso magari noi non siamo esperti però le federazioni ci dicono che in una manifestazione sportiva mediamente si usano da 300 a 500 colpi; vorrebbe dire che da domani non potrebbero più nemmeno effettuare una manifestazione sportiva. Stiamo compromettendo un settore di esportazione e importazione, nonché la detenibilità da parte di chi ha già queste armi, e che da domani non saprebbe più come farle classificare. Probabilmente le commissioni, tra l'arma somigliante e quella non somigliante, avranno serie difficoltà: abbiamo introdotto un concetto che più vago di così non si poteva.
La Commissione ha fatto ciò che ha potuto e ha almeno messo apparentemente al riparo le armi da caccia. Infatti, nell'emendamento 1.1 della Commissione, accogliendo il contenuto di alcuni emendamenti presentati tra gli altri anche dal collega Saia, si prevede l'esclusione dei fucili da caccia ad anima liscia, oppure delle repliche di armi ad avancarica, cioè le armi storiche. Mi verrebbe però da far presente al Governo che i fucili da caccia ad anima liscia, normalmente definiti doppiette, sovrapposti eccetera, non sono esclusivamente i fucili da caccia; esistono fucili da caccia ad anima rigata che sono per lo più fucili e carabine ad alta precisione utilizzati per la caccia agli ungulati e agli animali di stazza un po' più grande. Inserendo questa esclusione abbiamo in parte messo al riparo le armi da caccia, ma abbiamo lasciato fuori tutte le armi da caccia specifiche, quelle usate per la caccia al cinghiale, al cervo, ai caprioli eccetera, cioè gli ungulati, e comunque agli animali di grossa taglia, che a questo punto verrebbero assoggettate alla disciplina relativa alle armi sportive e ai relativi condizionamenti in ordine alla detenibilità, al numero eccetera. Speriamo che in fase di discussione si possa cancellare la dizione "ad anima liscia". Già cancellando queste parole avremmo ottenuto di non far "imbestialire" anche i cacciatori, con questo provvedimento."
Anche lui manifesta confusione riguardo alla normativa attuale, al contenuto del decreto in discussione ed agli effetti derivanti. Ma certo i principi che ha enunciato e difeso sono incontestabili ed apprezzabilissimi.
La seduta di ieri si è quindi conclusa con la presentazione di nuovi emendamenti, che analizzeremo nella seconda parte di questo articolo, e rinviata ad oggi pomeriggio per il seguito.
La seduta di ieri si è quindi conclusa con la presentazione di nuovi emendamenti, che analizzeremo nella seconda parte di questo articolo, e rinviata ad oggi pomeriggio per il seguito.
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